Questo progetto nasce con l’idea di rileggere l’architettura di Gio Ponti come una costruzione, un fatto cioè eminentemente tecnico e pratico, senza alcun timore riverenziale verso l’autore o i presunti valori artistici dell’opera, valori comunque sempre sottintesi quando si parla di architettura.
La strategia adottata è stata quella di “continuare” il progetto originale, considerando Palazzo Assolombarda come un’opera che non ha esaurito tutte le sue risposte, comprese quelle che il nuovo progetto dovrebbe dare e che, in un certo senso, erano già presenti nell’edificio stesso.
Il fulcro dell’intervento è la corte interna, un vasto giardino pensile, inaccessibile, da riconvertire in piazza per incontri ed eventi istituzionali. La metamorfosi da «giardino proibito» a «piazza aperta» rafforza la centralità strategica di questo spazio, del resto già baricentrico nel progetto iniziale. Nel passaggio da scenografia fissa a palcoscenico, il giardino infatti muta disegno e funzione rispetto al passato e diventa un filtro capace di isolare l’area degli eventi pubblici dagli spazi lavorativi che gravitano tutt’intorno al cortile.
La nuova corte, così concepita, cambia sostanzialmente il rapporto del Palazzo con la strada rendendo indispensabile la riorganizzazione dell’intero sistema di accesso all’edificio allo scopo di rendere più nette, dirette e fluide le connessioni fra spazio pubblico e spazio privato. L’androne d’ingresso viene liberato da tutti gli elementi eterogenei sedimentatisi nel tempo, nel tentativo di coniugare le nuove funzioni con l’architettura esistente recuperando la spazialità originaria. Tutti gli elementi che compongono il progetto, del resto, sono stati scelti e pensati allo scopo di far riemergere i valori di trasparenza e continuum spaziale tipici del disegno di Ponti. Non fanno eccezione il nuovo soppalco e la grande scalinata di accesso alla corte, elementi questi che moltiplicano le possibilità di collegamento fisico e visivo fra i diversi ambienti.
CREDITI FOTOGRAFICI ©Daniele Pauletto